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Aspira forse a un’altra natura, rielaborata e interiorizzata, l’arte del veronese Mariano Dal Forno, creatore di intricate immagini di sintesi nelle quali il riferimento a un’oggettività originaria, che pure sarebbe percepibile in qualcuna delle silhouette che individua, concepite allo stesso modo come punto di partenza e di arrivo del processo combinatorio, finisce per essere prevaricata da una dimensione decisamente diversa, forse non del tutto astratta, ma certamente lontana dal mondo del tangibile.

Vittorio Sgarbi

Critico d'arte

Hanno scritto e parlato di Mariano Dal Forno

Hanno scritto e parlato dell'artista critici, giornalisti, poeti.

Tra questi:

Francesco Butturini, Roi Boniver, Daniel Buso, Fulvio Castellani, Angelo Crespi, Dino Coltro,
Giorgio Falossi, Rosanna Ghedina, Paolo Levi, Salvatore Maugeri, Vera Meneguzzo,
Alessandro Mozzambani, Veronica Nicoli, Gianni Piva, Flavio Puviani, Paolo Rizzi, Sebastiano Saglimbeni,
Vittorio Sgarbi, Sandro Serradifalco, Barbara Vincenzi, Gian Luigi Verzellesi, Giorgio Trevisan.

Le parole dei critici

Dal catalogo ARTV GALLERY Storie di artisti con critica Sandro Serradifalco

“ …  diverse esperienze hanno caratterizzato la sua produzione artistica che si concentra sulla scomposizione e ricomposizione delle forme, attraverso la linea e l’utilizzo di campiture piatte. La tecnica utilizzata è quella dei colori a tempera stesi su tavola di pioppo. L’elemento visuale che unisce tutte le varie componenti è la linea, che con spessori diversi circonda i vari soggetti. Il suo viaggio creativo porta a comporre opere in cui l’immagine concretizza in strutture bidimensionali il suo mondo interiore. La materia cromatica è frammentata e movimentata, suggerendo diversi piani di lettura: sono infatti lavori che svelano la loro identità di riflessione esistenziale e di incontro dialettico fra la percezione del reale e l’impulso emotivo. Luce e energia conferiscono equilibrio formale alla composizione essendo il risultato compiuto di una ricerca colta e intelligente. Ha partecipato a rassegne nazionali ed internazionali …”

Sandro Serradifalco

Arte Al Tempo Del Coronavirus Catalogo Skira A Cura Di Veronica Nicoli

“Un anno è passato e ancora adesso siamo circondati, o meglio sopraffatti, da questo invisibile, ma potente “essere”, che con incondizionata potenza, può distruggere il valore più bello che ci sia: la vita. Più volte nel silenzio mi sono reso conto che il modo più forte per sconfiggerlo è il mio pensiero, la libertà di sconfinare, spaziare, volare oltre e ricercare senza confini, concretamente, con i mezzi che mi sono più cari; reagire con ribellione, alla ricerca di un eroe salvatore forte, autorevole, invincibile capace di portarsi sulle spalle il peso di tanta sofferenza. Un silenzio che non è muto, ma risuona con impulsi e voci di richiamo. E cosi sono emerse estensioni, immagini composte da tanti frammenti, tante culture, che unite tra di loro formano aspetti reali del mio sentire. Tra queste una mi è più cara, Atlante. Punito e forte allo stesso tempo, condannato dagli dei a sorreggere il peso del mondo, un eroe ampio e resiliente, ora vivo, messaggero di speranze guaritrici! Vado a rovistare in quel dono più bello che ho dei segni, colori, piastrine centrali che mi aiutano ad arginare agitazioni e che alla fine si concretizzano sempre in immagini che trovo anche domani. È su queste convinzioni che vanno a definirsi, rasserenare, in maniera sempre più materiale le mie ansie, cioè nel lavoro, in prodotti, che si mostrano come certezze più o meno felici, ma sempre davanti come un segnale di orientamento. Una linea di luce che mi permette di avere la certezza che presto potrò nuovamente ripartire con emozioni, dubbi, gradimenti da condividere serenamente.”

Mariano Dal Forno

Biennale di Milano (motivazioni per la selezione di partecipazione)

Un’arte che accarezza l’aria, che si fa luminosa e leggera e che, per dare fin da subito quest’impressione, richiama le meravigliose vetrate di certe cattedrali o le leggere pennellate di certi artisti d’oriente. Mariano Dal Forno ha elaborato un suo personalissimo stile che dialoga con osservatore tramite la linea, la stessa che definisce le campiture e ne circoscrive spazi e movimenti. Avendo la natura come principale ispiratrice, l’artista ne ricerca il bello assoluto per sottrazione, per un processo mentale che appiattisce e legge la realtà con un occhio attento alla delicatezza.

Salvo Nugnes (curatore di mostre e grandi eventi)

Dal catalogo EA Editore ITALIANI Selezione d’arte contemporanea a cura di Vittorio Sgarbi DALLA FIGURAZIONE AL CONCETTUALE

Aspira forse a un’altra natura, rielaborata e interiorizzata, l’arte del veronese Mariano Dal Forno, creatore di intricate immagini di sintesi nelle quali il riferimento a un’oggettività originaria, che pure sarebbe percepibile in qualcuna delle silhouette che individua, concepite allo stesso modo come punto di partenza e di arrivo del processo combinatorio, finisce per essere prevaricata da una dimensione decisamente diversa, forse non del tutto astratta, ma certamente lontana dal mondo del tangibile.

Immagini rigorosamente planari, quelle di Dal Forno, insensibili a qualunque resa stereometrica di spazi e volumi, confermando il fatto che ci si sta muovendo nell’ambito di un campo puramente mentale, disimpegnato da tutto ciò che possiederebbe significato al di fuori dei propri confini, sebbene del tutto disponibile a essere la corrispondenza visuale di nuovi concetti, comunicabili ricorrendo al registro del simbolismo. Immagini organizzate come in una sofisticata decorazione, per scaglie contornate che ricordano quelle di una vetrata a lastre o di uno smalto cloisonné, ognuna delle quali dotata di una cromia uniforme, che si affiancano e sovrappongono determinano, in trasparenza, nuove varianti di colore secondo dominanti smorzate che si muovono di pari passo alla genesi di nuove forme in prevalenza filamentose, sempre affidandosi a un comune meccanismo che di volta in volta addiziona o sottrae. Ciò che in natura risulta distinto,anche in maniera drammatica, separato per classi, specie, razze, in Dal Forno  acquisisce un’unità, capace di contenere al suo interno ogni superstite residuo del caos primordiale e di risolverne alla radice le contraddizioni più insanabili.

Niente può essere più come era inizialmente, malgrado nulla sia stato annullato o omologato per arrivare alla rinascita. Chissà che con le sue invenzioni Dal Forno non miri a quella che l’immaginifico Apollinaire chiamava la quatrième dimension, superando in tal modo la soglia dell’infinito (L’abbraccio).

Vittorio Sgarbi

Arte del nuovo Millennio ARCHIVIO DELLE GRAFICHE DI Vittorio Sbarbi Collezione per un futuro museo d’arte contemporanea

Io più di altri critici in Italia, mi sono spinto ad applicare un metodo che in Francia ha una lunga tradizione nei Salons des Refusés, nei quali fu possibile riconoscere, in tempi meno difficili e meno “affollati”, artisti come Manet e Gauguin. Ora ho preso visione di migliaia di proposte, ben sapendo che altrettante e più non si rivelano o hanno altri, diversi canali. Il progetto “Collezione Sgarbi” ne seleziona alcuni, come una costellazione in un firmamento in continua espansione. Il diritto di esistere per un artista, significa la possibilità di uscire dall’anonimato solitario del suo studio. Per riuscirci non basta una semplice mostra, serve anche qualcuno di autorevole che abbia la voglia di scoprirne le potenzialità e prenderlo sotto la sua ala protettrice, capace di saper descrivere al pubblico l’essenza del messaggio di ogni singolo artista (Il carro del Sole). La scelta del suo lavoro per la mia raccolta delle stampe e disegni attesta la valenza del suo operato e il costante impegno artistico. In un’epoca segnata dal tentativo di assegnare un prezzo a tutto e tutti e un grado di spendibilità sul mercato, la collezione d’arte ritorna ad essere il mezzo attraverso cui le opere riacquistano il loro reale valore, senza “prezzo” e senza tempo.

Vittorio Sgarbi

Da: Catalogo della Settima rassegna di Arte Contemporanea 2017 Cà dei Carraresi – Treviso

LA FLUIDITA’ DELLO SPAZIO

Da una visione futurista ed un tipo di struttura spazielista deriva lo stile pittorico di Mariano Dal Forno. Le sue linee, talvolta spezzate talaltra sinuose, ricreano inoltre atmosfere da spirituale dell’arte.Un continuo moto di ridefinizione e riempimento dello spazio su tavola che si popola di figure e forme astratte dal tono enigmatico. Il titolo, come Carro del sole, rinvia ad altri ambiti culturali, non meglio specificati dalle immagini, ma capaci di instaurare uno stimolante gioco di rimandi nel riguardante. Le sue sono opere immediatamente e superficialmente piacevoli e riposanti, ma al tempo stesso perfettamente inserite in un discorso attorno alla storia dell’arte, che permettono ad un pubblico più vicino al suo modo di restare affascinato e ricolmo di interrogativi sui significati nell’al di là delle immagini. Peculiarità assoluta di Mariano è la scelta delle tonalità cromatiche delle sue tempere. Colori freddi perlopiù ma al tempo stesso inclusivi, capaci di penetrare nel nostro interno e comunicarci una sensazione di professionalità tecnica e materica […]”

Daniel Buso

Dal Catalogo Personale di pittura Galleria Centrale di San Bonifacio

La fiaba reale e spirituale in pennellate di poesia

Lungo il tragitto d’arte per Mariano Dal Forno che da quarant’anni si dedica ad una pittura intensa, delicata, ricca di rimandi che prendono avvio dall’osservazione poetica della natura, degli animali, degli esseri umani si concretizza una fiaba reale e spirituale in pennellate di poesia.

Nei dettagli della scomposizione formale, fra ritmo e luce, elementi arborei, arabeschi di fiori, uccelli d’acqua, di terra, di aria, visioni di case, espressioni del volto dell’uomo, si ricompone in modo creativo l’immagine della sua ricerca pittorica.

Realtà che sono una specie di amuleto o di talismano che impone tentazioni ininterrotte. Dipinto con colori a tempera sabbiati e nei toni del grigio che si sovrappongono in trasparenza, senza una particolare prospettiva, su tavole di pioppo, il neonaturalismo geometrico, informale, figurativo, stilizzato e puro opera una rioccupazione di tutti gli anditi e gli interstizi dello spazio.

È come se da una immagine ne scaturisse un’altra in un gioco di incastri e di magie da prestigiatore. Ogni opera contiene un movimento per cui a volte sembra che quanto dipinto ci venga incontro o che si allontani per chissà quali lidi.

L’intero lavoro è come un racconto o una fiaba che non ci stancheremmo mai di rileggere. Una narrazione figurata e fantasiosa sulla realtà che diventa suggerimento su come guardare le cose intorno a noi e sul loro significato di comunità e amore.

Sulla superficie appaiono cose che sembra di aver visto miglia di volte, ma che qui sembra di scoprire con occhi nuovi.

A leggerci intorno, si avverte l’aprirsi di uno spazio e di un tempo assoluti dove muoversi seguendo una traiettoria esatta e tesa. Sembra che nella simmetria raggiata della struttura, fra l’incrocio delle linee oblique, cambi continuamente l’angolo visuale fra gesti avvolgenti e coni di luce.

Dal Forno affronta vari soggetti ma preferisce dipingere le ali perché permettono una maggiore scomposizione del colore.

In Legame indissolubile, una simbiosi tra fiori e l’aria che li avvolge come una carta velina impalpabile.

Tocchi di colore arancione e rosso mattone per Il dono della luce che evidenzia paesaggi e particolarità quotidiane.

Nella coppia con bimbo di Protezione naturale o divina, il senso del sacro che può provenire dall’istinto e dal Cielo di Dio.

Morbido di tenerezza L’abbraccio con le sue linee avvolgenti e sinuose.

Mentre in Uomo natura, simbiosi di salvezza piove una luce dall’alto a illuminare la speranza in terra e nell’aldilà. Orgoglio di nascita e ammirazione per il luogo d’origine in Un santo, un castello, una fontana: il mio paese dove, sopra gli archi, una immagine sacra benedice uomini e cose. Ne Il bosone: ragione o fede, uno sguardo sull’infinito per cercare risposte.

In Ali con nido un tenero abbraccio materno.

Un rimando all’infanzia e alla magia della Natività in Immagini di Natale con stella e Sacra Famiglia.

Sembra di salire in alto e sentire il calore della nostra più vicina stella ne Il carro del sole.

Dal racconto Il mercante d’ali del francese Jacques Tavant, un bimbo procede con una  gerla ricolma d’ali.

Ancora piume in Cigno, un quadro sulla libertà.

Segue abilmente le regole della prospettiva e comunica un’atmosfera di serenità Paesaggio della Lessinia.

Radiosità in Sole in riva al mare dove compaiono anche una mano e un piede a testimoniare la presenza di qualcuno che lì ha meditato e goduto di questi beni.

Un tuffo nel passato nella suggestiva Necropoli dell’età del bronzo.

Pare di udire l’arpeggio delle note ne I colori della musica con mandolino, chitarra, sassofono e violino.

In Natura e simbiosi, una figura maschile e una femminile sembrano dialogare con un airone.

Un passo nel vicino Oriente in Danza dei dervisci che evidenzia un monaco, un tulipano e simboli della Turchia.

Un omaggio agli antichi lavori domestici in un’opera che rappresenta con veridicità una donna, il focolare, la catena del camino e il fuoco.

Satira e ironia ne Le maschere della politica con il carnevale dei politici e del nostro modo di essere

Mitologia in primo piano con Il sonno di Bacco. Fra uva e vigneti, giace un uomo addormentato, simbolo della nostra incapacità di essere spesso lucidi e presenti davanti ai fatti e alle emozioni di ogni giorno.

Vera Meneguzzo

RIO ART COMITATO SCIENTIFICO A CURA DI VITTORIO SGARBI, agosto 2016

Per Mariano Dal Forno ogni opera d’arte parla da sé, ma al contempo deve restare un mistero e lasciare l’opportunità allo spettatore di potersi approcciare ad essa, stimolando più chiavi di lettura e risvegliando sensazioni e percezioni eterogenee, all’insegna della libertà interpretativa, per condividere al meglio i messaggi e i significati, inseriti dentro lo scenario narrativo. Propone una pittura spontanea, senza filtri che la condizionano e senza frenare l’impulso passionale, che lo spinge a dipingere. La sua ricerca, ponderata e doviziosa, non tralascia mai alcun dettaglio, per ottenere la miglior resa d’impatto visivo ed estetico.

Elena Gollini

2015, video-critica di Luciano Carini presso la galleria d’arte Studio C, Piacenza

Video-critica di Luciano Carini  visibile a questo link. 

Ottobre 2014, video-critica di Giorgio Grasso, Galleria Farini Concept, Bologna 

Video-critica di Giorgio Grasso visibile a questo link. 

Settembre 2014, Prima edizione Arte a Palazzo presso Galleria Farini Concept

Maria Bocina ed Alessandra Liverani con la supervisione di Giorgio Grasso

Nasce a Verona, dove vive e lavora come Docente di disegno e storia dell’arte, la sua attività artistica si plasma sulla scomposizione e ricomposizione delle forme stilizzate, come pattern di un unicum informe e creativo e ricco di significato.

La base delle opere è piana, larga, sagoma-materia, popolata di insiemi fluttuanti di tenue forma cromatica. Un mantra ancestrale si compone per opera dell’artista, restituendo a chi lo osserva il compito di individuarne la traccia originale. La realtà è presente, occorre saperla scorgere per poi afferrarla, non ci troviamo dinanzi un’esperienza di astrattismo geometrico, né di arte informale; il contenuto esce dalla forma e la permea donandole il suo significato.

La tavola di Dal Forno (Uomo natura simbiosi di bellezza) è intrisa di inquieta liricità, il movimento formale sottende quello concettuale, dall’iniziale astrattismo si giunge ad un concreto neonaturalismo. 

Una miriade di segni frammentati organizza lo spazio della composizione, dando vita a coreografie caleidoscopiche, quasi labirintiche, che fanno pensare a un mosaico di definizione astratta e non solo. La raffinatezza stilistica di Dal Forno sta nel declinare la forma nelle sue infinite possibilità, trasformandole nelle immagini della mente.

La sua riflessione simbolica, evidente nei titoli attribuiti alle opere, completa il processo cognitivo di riconoscimento della realtà e aggiunge il punto di coesione tra gli elementi del fenomenico, attribuendo loro un’aura di misticismo e un trampolino di trascendentalismo.

La poetica della tradizione di Dal Forno risulta connaturata ad un linguaggio espressivo non assimilabile a forme del modernismo astratto, ma piuttosto riconducibile al legame con il suo ambiente d’origine, la memoria di un mondo rurale fatto di antichi segni murari, tradizione grafico-pittorica fatta di devozione per la semplicità del mondo naturale, per l’essenzialità della forma che contiene la vera sostanza del contenuto.  

Maria Bocina ed Alessandra Liverani

Dal catalogo Arte a Palazzo presso la Galleria Farini Concept Bologna

Dott.ssa Azzurra Immediato con la supervisione di Giorgio Grasso – Ottobre 2014

Scomposizione, lirismo tonale, antropomorfismo, simbolismo filosofico, natura, realtà. Sono racchiusi in questi termini i concetti alla base dell’opera di Mariano Dal Forno, un’artista sensibilmente riflessivo che accompagna l’osservatore in una profonda indagine alla ricerca del reale oggettivo. (Il sonno di Bacco)

L’aspetto meditativo nasce con l’opera, con la lentezza del segno grafico che poi si trasforma in pittura, e che, dunque, è già realtà e non raffigurazione di essa traslata dal medium.

Certamente, trovandosi di fronte ai quadri di Dal Forno ha un effetto straniante, perché la scomposizione delle forme che egli porta in scena, non vira all’Informale geometrico, ma ad una forma definita da altri “neo naturalista” che, in ogni caso, attua prospettive diverse, variabili, che sono frutto di scomposizione e ricomposizione del dato reale.

Risulta complesso, infatti, riconoscere nell’immediato le forme umane celate in questa sorta di puzzle antropomorfo, che avvalora, però, la ricerca della realtà, seppur scomposta. Il simbolismo che si affida alla filosofia ermeneutica, tende allo svelamento della verità che si distacca dall’illusione che pure sembra apparire all’inizio.

All’osservatore viene chiesto di trovare l’origine della forma, da cui scaturisce l’intera ricerca che sul quadro si è realizzata, ed egli si trova come a indagare su una tavola ottica pseudo cromatica, che ricorda, inoltre, il frastagliato geometrismo figurativo di Escher. (L’abbraccio)

La ricchezza della scomposizione di Dal Forno, che trova senso, in primis, nei titoli delle sue opere, ricorda, da un punto di vista concettuale persino la pratica giapponese Kintsugi, che tramite l’utilizzo di colatura d’oro e argento, mira a riparare e ridare forma compositiva alla ceramica altrimenti inutilizzabile e perduta. La saldatura preziosa di frammenti crea un complesso intreccio, irripetibile ed unico, che aggira la perfezione estetica in virtù un’elevazione interiore. A simili modelli di misticismo simbolico, legati alle immagini della fantasia inconscia, tende il lavoro dell’artista veronese, in cui il riconoscimento della realtà si trasforma in un processo cognitivo di rara complessità.

Azzurra Immediato

Dal Catalogo Triennale di arti visive a Roma Achille Bonito Oliva e Daniele Radini Tedeschi con il quadro (Il bosone: ragione o fede)
6 giugno 2014

 

Rintracciare Dio in una particella e poter svelare, una volta per tutte, il mistero della nascita del Cosmo ha fatto sì che si divulgasse di recente tale notizia, con la deniminazione di “Particella di Dio”. La possibilità di risolvere l’arcano mistero, ha dato origine alla formulazione di interrogativi in ordine alle due polarità che caratterizzano la nostra civiltà e cioè la Ragione e la Fede, entità distinte o intimamente connesse? Il Bosone di Higgs è stato per molto tempo il pezzo mancante del grande Puzzle, meglio noto come “Modello standard, nel quale è racchiuso uno degli obiettivi della scienza, cioè quello di spiegare di cosa è fatto il mondo e come si presenta. Nell’opera di Mariano Dal Forno assistiamo ad una pittura quasi scientifica, con rimando (nel titolo Il bosone) alla tematica appena citata, nella quale lo spettatore è coinvolto in una sfida alla percezione. Osservando l’opera da vicino si colgono intrecci di linee, colori e forme e, man mano che ci si allontana dal quadro, il messaggio si fa più chiaro, si delinea il mistero di una nube gassosa che si incendiò e diventò una stella, che determinò la nascita del sole (ben visibile con i suoi lunghi raggi). Intorno al sole si formarono nove pianeti, tra cui la Terra (nella quale cogliamo la sua tridimensionalità). In questo ultimo contesto prende corpo la vita (rappresentata da una figura seduta sul globo terrestre). I colori piatti color pastello sono fondamentali per la creazione di scansioni cromatiche, che generano una tessitura della figurazione, sino a ricavarne un significato univoco dell’opera, in questo caso strettamente legato all’origine dell’esistenza umana.

Annalisa Fanti

Da: EFFETTO ARTE diretto da Paolo Levi N.3 pag. 323
Palermo, maggio 2013

Nell’opera di mariano Dal Forno il mondo viene trasfigurato in un’anagramma di dettagli e fantasie: luoghi ed esperienze che lui ha visto, sentito, amato, in una parentesi di vita dilatata dal vento dell’emozione. L’eleganza cromatica, così come la valida disposizione scenica, sono manifestazione di una sapienza compositiva eccellente e rara.Dal Forno, con quest’opera, ci trasporta in luoghi esotici, rendendoci partecipi de L’incanto della danza dei dervisci turchi: incanto ricreato attraverso la definizione di un caleidoscopio cromatico armonico e variopinto. I colori sono come individui che vivono ciascuno nel proprio spazio, egregiamente inseriti gli uni accanto agli altri, per creare mondi fantastici scaturiti da reminiscenze oniriche.

Serena Carlino

Dal catalogo della Personale di pittura Galleria Centrale di San Bonifacio

“Scombinare le forme per mantenerle nell’alveo piano, largo, solare, delle forme stesse”

19 ottobre 2011

       Per presentare l’opera di Mariano Dal Forno, ritengo utile riprendere alcune affermazioni di Martin Heidegger in “L’origine dell’opera d’arte” (a cura di Gino Zaccaria e Ivo De Gennaro, Milano 2000, Christian Marinotti Edizioni) che trascrivo avvicinandole liberamente:

“L’artista è l’origine dell’opera. L’opera è l’origine dell’artista” p. 3

“Se poi la sagoma, in quanto principio di plasmazione ‹cioè “l’informe”› all’ir-razionale, e se, a sua volta, il razionale è preso come il logico e l’irrazionale come l’alogico, e se, infine, alla diade concettuale sagoma-materia si collega anche la relazione soggetto-oggetto, allora il rappresentare dispone di una meccanica concettuale a cui nulla può resistere.” p. 25

“nell’opera, quindi, non è in gioco la riproduzione del singolo ente di volta in volta dato, quanto piuttosto la riproduzione dell’essenza generale delle res.” p. 45

“Il creare-operare esige un’abilità artigianale. I grandi artisti la tengono infatti in altissima considerazione. Essi sono i primi a pretendere che se ne abbia la massima cura a partire da una sua piena padronanza; inoltre, più di chiunque altro, si preoccupano di approfondire continuamente la conoscenza delle tecniche del mestiere.” p. 93

     Affermazioni a mio avviso fondamentali per accostare il lavoro  di un artista che sceglie di scombinare le forme per mantenerle nell’alveo piano, largo, solare, delle forme stesse.    

     Sembrerebbe una contraddizione, ma non lo è, proprio ripensando a quanto di Heidegger ho appena trascritto.

     Da questa prima introduzione ritengo si debba partire per analizzare una ricerca artistica che si presenta come una narrazione continua, una parablein cui i titoli sottolineano i capitoli di questa narrazione continua che sviluppa il pensiero-visione attraverso l’analisi minuta della sostanza delle forme per ricondurre la visione ad una realtà di visione più forte, vorrei dire, più pura e limpida di quella che il fenomeno apparente della prima forma potrebbe dare.

    C’è come un velo da togliere, una Maja da denudare per raggiungere la profondità della realtà che viene rivissuta come sentimento originario della visione. Come impatto lungo, meditato e sempre più attento della visione e del fenomeno che la fa nascere.

     Non è certamente casuale, quindi, che Dal Forno scelga la pratica della pittura à platcon le tempere e che lavori sul tavolo e non al cavalletto: ha bisogno della lentezza del segno che cerca, prima nel disegno quindi nella pittura e nella scelta dei colori, la traccia che rintracci, se accettate il gioco di parole e di azioni, la res  sovrana, la cosa che è sostanza di realtà e non apparizione di realtà.

      Anche questa considerazione potrebbe sembrare se non peregrina, certo un po’ cervellotica.

     Non è così, perché proprio la volontà esplicita del pittore di mantenere la forma e di non scivolare – il pericolo è permanente – nell’informale, magari in un informale geometrico, proprio questa chiara e cosciente volontà mi rassicura che, dietro la ricerca e la motivazione della ricerca stessa, c’è il principio ermeneutico della ricerca della realtà, del valore della realtà, della consistenza della realtà per superare il vaniloquio, da un lato, e le parvenze illusorie dall’altro.

      Non è quindi pittura facile quella di Dal Forno e nemmeno pittura consolatoria: il suo simbolo (il coccio di riconoscimento da porgere all’incontro) è l’incrociarsi e il riconoscersi delle forme ritrovate nella loro sostanza più reale, più forte. Permanente sotto il velo della prima apparizione.

     Una pittura di pagina grafica – il termine l’accomuna a tanta ricerca pittorica del secolo appena trascorso (ed è inutile fare nomi che tutti individuano ed hanno sulle labbra) che rispecchia perfettamente una visione del mondo che non può essere quieta, se non quando l’inquietudine ha svolto la parte principale della ricerca nell’instancabile peregrinare del segno sulla tavola di pioppo.

   Del resto, anche Salvatore Maugeri nell’ormai lontano 1983, individuava questi elementi costitutivi la ricerca di Dal Forno: “l’inquieta liricità, le trame sottili tra naturalismo e astrazione e la poetica della memoria.” E aggiungeva che si trattava di “…una ricognizione ravvicinata, analitica di queste forme per “un’ipotesi” narrativa di neonaturalismo.” Ecco sul “neonaturalismo” non posso essere d’accordo, a meno che Maugeri non si riferisse anche lui alla riscoperta della naturalità nuova di una resritrovata nella sua essenza di mondoe non di mondità, sempre per ricordare Heidegger. Cioè, Dal Forno è pittore-filosofo, nel senso che percorre la ricerca, l’ermeneusi con la traccia del segno pittorico: nel nostro caso, parlando noi di un artista e non di un giudice che cerca la giusta interpretazione di un contratto, l’ermeneusi ri-guarda un altro contratto, quello esistenziale che lega gli uni agli altri e ci pone in braccio l’altro anche se non ce ne accorgiamo e non lo vorremmo, per ricordare un altro filosofo che sento vicino alla ricerca di Dal Forno: Emmanuel Levinas (soprattutto in “Altrimenti che essere”).

Un artista troppo intellettuale?

     Chi pensa che l’artista, sia pittore, poeta, musico o attore, sia uno sprovveduto che a tempo perso inventa strade che fa percorrere agli altri e lui non conosce, si sbaglia.

      L’artista, prima di tutto (per ricordare ancora Heidegger) è un artigiano che conosce il suo mestiere, gli strumenti che lo generano ed è continuamente in apprendimento apprensivo: è colto e non svagato e casuale. Ma l’artista vero, non è improvvisatore di un mestiere che, magari, gli frutta anche tanti soldini, ma del quale non resterà assolutamente nulla, passata la moda nefasta che lo ha generato, motivato, giustificato e richiesto.

      Desidero concludere questa mia traccia critica, riportando quanto l’amico Dino Coltro scriveva nel 2000: di fronte a un quadro di Dal Forno “ci sentiamo sconosciuti agli altri, ma anche a noi stessi  e ci affidiamo alla visione che ci viene offerta dall’artista per ripercorrere la stessa sua strada alla ricerca della bellezza che è anche ricerca della verità”.

Francesco Butturini

Da: Monreale, Una raccolta d’arte contemporanea italiana,
a cura di Centro Diffusione Arte Editore, presentazione critica di P. Levi, Palermo, 2010, pp. 602-603.

 

Richiami allusivi e appena sussurrati al mondo reale animano le opere di Mariano Dal Forno.

Alberi e momenti di festa si scompongono in disegni complessi, dove una miriade di segni frammentati organizza lo spazio della composizione, dando vita a coreografie caleidoscopiche, quasi labirintiche, che fanno pensare a un mosaico di definizione astratta (Parata nuziale). 

L’artista stende le tempere sulla tavola a colmare gli spazi creati da un disegno predisposto con evidenza. La scelta dei pigmenti ricade su una ristretta gamma di colori principali, con una scelta diretta soprattutto alla declinazione del blu, dei marroni, delle ocre. Una energia intrinseca sembra liberarsi da questi lavori dando vita ad una interpretazione dinamica del reale. I dipinti di Dal Forno richiedono all’osservatore uno sforzo visivo e interpretativo coinvolgente, che è anche impegno di interazione e partecipazione al sentire dell’artista (Lo spirito dell’olivo).

Paolo Levi

Cultura Veronese da L’Arena di Verona, 2 marzo 2000

La galleria dell’Amministrazione Provinciale “Frà Giocondo” ospita una personale di Mariano Dal Forno, pittore veronese laureatosi architetto a Venezia e attratto dal lavoro pittorico fin dal 1974, anno della sua prima collettiva.

I suoi lavori, eseguiti prevalentemente con tecniche e tempere miste, sembrano delle architetture del pensiero tradotte mediante labirintici, geometrici segni e colori ocra, gialli e marron che non intendono far esplodere l’immagine ma semplicemente riproporla, o meglio ricostruirla, assecondando lo stile del suo meditato lavoro. “Sono pitture al di fuori di qualsiasi lusinga, rifiutano una assegnazione immediata e superficiale, come egli – scrive Dino Coltro – nello stendere linea e colore nel duro compensato, esclude il gesto facile, ricercando nella elaborazione delle forme, una notevole eleganza”.

In Dal Forno l’immaginario si confronta con la vacuità, egli cerca di inventare solide soluzioni di strutture piuttosto che ripetere il dèjà vu, tenta di riprodurre l’essenziale senza scivolare nella stanca ripetizione del particolare. “ Il tutto è sorretto da un minuzioso ordine con delle precise finalità interiori”, ma la libertà di espressione sembra trovare la propria naturale espressione anche in alcune partizioni in cui il moderato dinamismo non prospettico sembra voler generare una sorta di  continua, incessante rappresentazione spazio- temporale.    

Giorgio Trevisan

Dal catalogo della mostra personale (dal 26 febbraio al 10 marzo 2000): D. Coltro, La cultura materiale e artistica nelle immagini architettoniche di Mariano Dal Forno, presso la Galleria d’Arte Fra’ Giocondo, Amministrazione Provincia di Verona, 2000.

San Giovanni Lupatoto (Vr), marzo 2000 

Mariano Dal Forno espone in questa mostra opere di particolare bellezza e originali, dentro “una costruzione disegnatoria rigorosa, fa risaltare una tavolozza raffinata”; così si presentava Dal forno, ancora nel 1983, Gian Luigi Verzellesi e si può dire che queste caratteristiche della sua arte hanno raggiunto, in questi ultimi anni, una evidente maturità. Da alcuni anni, infatti, l’artista si è isolato, non ha partecipato a mostre o a manifestazioni, preferendo la ricerca, la riflessione, un lavoro assiduo che lo ha portato ai risultati che possiamo vedere e confrontare.

Sono pitture al di fuori di ogni qualsiasi lusinga, rifiutano una assegnazione immediata e superficiale, come egli, nello stendere linea e colore nel duro compensato, esclude il gesto facile, ricercando nella elaborazione delle forme, una notevole eleganza. Forme e dimensioni sono ricavate da una linea forte che si insinua nel colore, le rimarca e le esalta per mezzo di leggere sfumature. La linea diventa, così l’elemento di unione delle diverse immagini, apparentemente contrapposte, il filo che conduce a ritrovarle più che a separarle come tessere di un mosaico. Il disegno, infatti, scopre man mano che l’occhio ne individua il profilo, forme trasformate in immagini, in “quadri” all’interno di una composizione più ampia. Segno e colore si fondono in una creazione pittorico fantastica, in cui la realtà viene scoperta lentamente, vorrei dire “psicologicamente”, perché l’artista la scompone nei suoi e elementi primi e la ricompone seguendo la sua ispirazione così da farla più vera. Questa raggiunta unità dipende anche dal legame spirituale che egli nutre con l’ambiente ma, più spesso, con la memoria di un mondo contadino vissuto in gioventù e mai dimenticato. Le campiture piatte, i colori della terra, le decorazioni floreali, la linea curva che con insistenza circoscrive i particolari delle sue immagini richiamano a quelle bidimensionalità che trovano origine nelle pitture murali della Lessinia (Le pietre che parlano).

Il tutto è sorretto da un minuzioso ordine con delle precise finalità interiori che parlano un linguaggio di codici visuali e trovano fondamento nella tradizione grafico-pittorica della nostra cultura popolare. Altro aspetto è la ritualità emergente, quasi una devozione, verso la natura che ispira visioni a volte molto complesse. Ma sono proprio queste a generare con vigore le varie parti tratte dalla semplicità della forma di un utensile, di un seme, di un animale o dal lavoro dell’uomo.

La ripetizione di soggetti-oggetti (ali, insetti, capitelli, profili di monti ecc.) fa sorgere in chi osserva una illusione decorativa, ma che si rivela, invece, una continua ricomposizione in ottiche diverse e che generano l’originalità delle opere di Dal Forno. Non può, inoltre, essere considerato un semplice gioco di forme e colore se davanti a un suo quadro sentiamo di godere una emozione profonda, che ci spinge alla ricerca di qualcosa che ci appartiene, ma che ancora non si è rivelata, nella realtà, ai nostri sensi (Voglia di libertà). Ci sentiamo sconosciuti agli altri, ma anche a noi stessi e ci affidiamo alla visione che ci viene offerta dall’artista per ripercorrere la stessa sua strada alla ricerca della bellezza che è anche ricerca della verità.

Dino Coltro

Castellani, Arte Immagini, Pittori e scultori del nostro tempo, Catanzaro, 1996, p. 77.
Catanzaro, aprile 1996

Una evidente ed equilibrata cultura figurativa presiede alla trasformazione artistica di questa composizione (Invocazione, tecnica mista, 60X100, 1994 ndr) che è contraddistinta da una eccellente capacità tecnica e da un intercalarsi di immagini – simbolo che vanno dalla realtà al sogno, dall’idealità alla proposta – denuncia. Il tutto collocato con perfetta scelta spazio – temporale.

Fulvio Castellani

Catalogo, Arte Illustrata Italia, IV Mostra Nazionale delle Arti Figurative, Perugia, 1988, testi critici di Barone, Giovanni Cappuzzo, Lia De Venere, Gillesse Renato Lamperini, Luciano Lepri, Giulio Panzani, Ugo Piscopo, Relay, Paolo rizzi, Santino Spartà

“Colore, tecnica e fantasia sono i parametri fissi entro i quali le mie immagini si muovono, determinate da una tecnica bidimensionale corretta nella forma e nella specificità del colore… La linea traccia sinteticamente le varie partiture legando come un filo gli elementi dell’immagine, divenendo essa stessa fondamentale… Il colore è piatto, pulito, rispetta le forme, ogni tessera rappresenta una nota cromatica che si imprime di toni ora caldi ora freddi… Sono convinto che non si debbano ignorare quelle esperienze dove l’immagine è stata scomposta, inventata, trasportata, ricostruita, distrutta, poiché tracciano la direzione di una scelta. Più diventa chiara questa scelta più si analizza, si penetra tra opposti equilibri. L’importante è non negare le altre esperienze, ma essere coerenti sapendo che più si raggiunge una chiarezza interiore e formale, più la propria ricerca sarà rafforzata. Il modo di esprimersi andrà così evolvendosi in una continua indagine avvalendosi di tutte le componenti della percezione visiva.

Non è semplice ridurre a un discorso chiaro le proprie intenzioni, ma mi è parso utile spiegare la mia pittura,” così parla della propria pittura Mariano Dal forno. L’artista che vive e lavora a Cellore d’Illasi di Verona … di certo la pittura di Dal forno, risente del suo essere architetto, infatti la pulizia delle forme, la perfetta scansione degli spazi, la stessa precisia stesura del colore (ricorda quasi i disegni colorati da John Ruskin) denota una “professionalità” attenta e allenata.Ma i suoi lavori non sono, come potrebbero forse apparire ad un primo esame delle esecuzioni formali, dei richiami o delle rivisitazioni fatte ad altri stili, ad altre, sorpassate, espressioni artistiche, ma rappresentano un gioco, certo volutamente costruttivo, in cui i colori, le forme, le linee assumono il rilievo e l’eleganza di un movimento musicale, leggero ed espressivo. Una pittura in cui il colore è la nota, la tela, il diagramma, gli intrecci di linee, curve e segmenti non sono che l’intrecciarsi di armonie, ritmi e melodie il cui timbro è dato dalla costante presenza poetica di Mariano Dal forno.

Una evidente ed equilibrata cultura figurativa presiede alla trasformazione artistica di questa composizione Invocazione che è contraddistinta da una eccellente capacità tecnica e da un intercalarsi di immagini – simbolo che vanno dalla realtà al sogno, dall’idealità alla proposta – denuncia. Il tutto collocato con perfetta scelta spazio – temporale.

Paolo Rizzi

Da: Seconda Mostra: Arte allegorica espressionista, dal 22 al 30 ottobre 1987, “Abano Terme Arte”, pp. 18-19 – S. Maugeri, 1987

Il processo di individuazione e di graduale, progressivo approfondimento delle proprie qualità pittoriche e dello svolgimento della propria poetica è avvenuto, per Mariano Dal forno, per crescita costante di premesse saldamente e a lungo meditate. Il merito precipuo da riconoscergli è, a mio parere, quello di non aver creato avventure spericolate e sperimentazioni dettate più dalle intemperanze delle mode che non da un autentico bisogno di rinnovamento (Atteggiamento di protezione e Proprietà del vivere).

Dal Forno aveva avvertito che quanto lo interessava non era la ricerca di un aspetto sia pure inconsueto del mondo di natura quanto l’individuazione dei ritmi che imprimono un carattere a ciò che si osserva e lo eleggono a regno libero nel quale espandersi. Importante è quindi assecondare le volute, crearne e svilupparne altre che siano coordinate alle prime, senza interporre di conseguenza improvvisi arresti e provocare immotivate sincopi oppure, di converso, superflui avvolgimenti. Ne consegue che anche il colore deve risultare privo di spessori matrici. Esso si affida, infatti, alla mobilità fluida delle cadenze e dei ritmi, sì da evidenziarne gli impliciti valori, arricchendo l’opera di nuove soluzioni capaci di superare il limite dell’inizio per definirsi nella pienezza di ciò che è alla base della rivelazione.

Salvatore Maugeri

Da: L’Arena di Verona del 31 ottobre 1986

Alla Galleria “Frà Giocondo” in piazza dei Signori, si è conclusa in questi giorni una mostra dedicata alle più recenti opere di Mariano Dal Forno. In Lui coesistono, con coerenza di intendimenti, quella rigorosa adesione alle leggi dei numeri e delle linee mutuata dagli studi di architettura e un estro artistico istintivamente portato a cogliere lo scatto del fantastico nelle cose reali. Il risultato si concretizza in opere che sembrano costruite con  reperti recuperati da un mondo vegetale e animale disintegrato e poi ricomposto in armonie di colori pastellati, accostati tessera su tessera in reticolati di linee studiatamente consequenziali. Gli accostamenti di cromie, imprigionati nella trama delle curve, delle sinusoidi, delle ellissi acquistano l’enigmatica armonia di infiorescenze senza nome.L’immagine pare materializzarsi dal concatenamento di un’esplosione biologica che inventa ingranaggi arborei e ventagli piumati.

Nei sintagmi della sua scrittura pittorica, amorosa narrazione di uccelli e autunni tecnologici.

E nel rivolgersi a questi universi imprime in loro, con il ritmo grafico e coloristico, la scintilla del movimento.

La proposta di Dal Forno è un inarrestabile vagabondare alla ricerca di nuovi procedimenti per distillare le mutazioni e le permutazioni insite nella miriade di accostamenti possibili fra colore, tecnica e fantasia.

Per Lui ogni scoperta è il recupero di un valore. Qui esso si identifica con l’apporto della sua opera di artista al problema ecologico. In queste immagini scoperte, trapiantate, ricostruite, distrutte, reinventate la rinascita di una nuova magia della natura.

Vera Meneguzzo

Dal catalogo della mostra personale (dal 9 al 23 ottobre 1986): S. Saglimbeni, Recenti proposte d’arte di Dal Fono lette da un poeta, presso la Galleria d’Arte Fra’ Giocondo, Amministrazione Provincia di Verona, 1986.

Mariano Dal Forno, in tutto l’arco del suo iter artistico, ha prediletto la costituzione della sintesi formale, nel senso più essenziale del termine.

I particolari dell’oggetto, spesso naturale, rientrano nel suo studio, in quanto gli consentono o permettono un’analisi cromatica ed un conseguente uso per la sua operazione pittorica.

Le sue ricerche si basano sulla conoscenza (che è supporto) grafica, sviluppata con segno che nel suo dinamismo si fa, poi, forma.

E’ trascorso un decennio dalle prime tesi d’arte, la quali vertevano (al contrario di tante orientate verso una trattazione agevole o fine a se stessa) su strutture geometriche piane e riecheggianti tematiche di Liberty puro. Ora ciò che Dal Forno propone per il fruitore veronese si legge come un arrivo più pieno d’atto culturale; e siamo con una ventina di “pezzi” su compensato (un’esigenza, questo materiale, dell’artista, in luogo di altro tanto più in uso), i quali registrano il recupero dell’immagine dopo tanta letteratura d’arte tendente a riprendere un astrattismo spesso irrazionalistico o affidato agli effetti del caso. Qui, nei quadri che comprendono l’operazione di un quinquennio, i risultati appaiono, nei contenuti e nel linguaggio, avanzati, l’autore non rimane fuori dagli accadimenti contemporanei, tiene presente la storia che viviamo, l’era dell’industrialismo, che esprime con segni particolari, diversi, aggrovigliati e leggerissimi.

La scrittura occupa tutta l’area del mezzo, grande e normale dimensione ed ha una densità di contenuti che sono presenze botaniche, prese nelle varie stagioni, con prevalenza di quella autunnale, identificabile con pezzi meccanici, con in secondo piano costruzioni appena intravedibili, disegnate con rigorosità architettonica, più che pittorica.

Industrialismo, ben reso dai segni, e urbanesimo, come soffocato, questo, dall’inevitabile tecnologia, sono le costanti di quest’ultima scrittura pittorica di Dal Forno. Ma ciò è una lettura ad un aspetto del suo dettato d’arte, perché i testi con tinte di terre (marrone, che richiama il concetto della natura, giallo, che vuole esprimere al solarità e il grigio, che è l’ombra o l’opacità), si prestano ad una lettura complessa, dove non mancano quegli spazi di ambienti che l’artista ha interpretato con geometrismo rigoroso. Come finalizzazione del suo esercizio pittorico, v’è il tributo al problema ecologico tanto dibattuto ora che imperversa la sproporzionalità dell’evoluzione. E come conclusione di questa nostra nota: v’è la convinzione che queste recenti proposte d’arte di Dal Forno risultano piene, poiché nulla appare affidato all’operazione casuale dei segni e della materia combinati. C’è, ribadiamo, lo studio dell’immagine che viene scomposta, “inventata, trasportata, ricostruita, distrutta”, come afferma lo stesso artista in una sua autopresentazione di alcuni anni fa, ma per rinascere, questa immagine, come riordino di ciò che è purezza nella natura animale e vegetale.

Sebastiano Saglimbeni

Appunti sull’evoluzione della forma reinterpretata e riproposta nella sintesi, testo di Mariano Dal Forno, 1984

In precedenti mostre ed incontri ho sottoposto la mia pittura alla valutazione critica e spontanea di esperti e giornalisti d’arte, ora mi sembra giusto porre alcune riflessioni personali. Infatti è consuetudine in queste occasioni essere commentati da un critico, ma è difficile trovare una persona che sappia giustamente mettersi in sintonia con l’artista senza scadere in un’inutile degnazione. Ritengo che la critica e la cronaca d’arte siano indispensabili per la crescita di un’ artista e me ne sono valso tutte le volte che si è instaurato un certo rapporto di studio e di fiducia, che ha portato ad una onesta valutazione, divenendo un orientamento e uno stimolo per chi ricerca informazioni riguardanti le arti.

Mi rivolgo direttamente al visitatore occasionale e all’intenditore, al critico e al gallerista che avranno l’opportunità di leggere queste mie riflessioni.

Colore, tecnica e fantasia sono i parametri fissi entro i quali le mie immagini si muovono, determinate da una tecnica bidimensionale corretta nella forma e nella specificità del colore. Con queste parole, in una precedente presentazione, ho cercato un colloquio con chi attraverso le mie rappresentazioni ne era coinvolto. Dopo quattro anni l’immagine geometrico-figurativa, ha subito una naturale evoluzione, dove la struttura grafica e cromatica è andata verso una sintesi di forme e di colore.

Gli elementi compositivi, definiti da S. Maugeri neonaturalisti, si sono lentamente trasformati verso una chiarezza di fondo. Una analisi che ha ridotto e plasmato forme geometriche e linee curve. Il risultato è stato di un maggior approfondimento dell’uso del colore nelle sue scansioni cromatiche e di una ossatura formale che circoscrive e costruisce con aspetti grafici raffigurazioni, reinterpretate dalla mia fantasia.

La linea traccia sinteticamente le varie partiture legando come un filo gli elementi dell’immagine, divenendo essa stessa fondamentale. Ne è atto il suo divenire «contorno» bianco o nero, a seconda della luce che voglio imprimere, fino al tratteggio o al punto per poi ricostituirsi e ricollegarsi in un insieme logico. Il colore è piatto, pulito, rispetta le forme, ogni tessera rappresenta una nota cromatica che si imprime di toni ora caldi ora freddi. A questi rapporti affido la realizzazione e la struttura dell’idea, che nasce da un’intuizione o ispirazione di un fatto naturale o da un evento, che riportato nella sua struttura di sintesi genera con lo studio altre forme consequenziali, spesso geometriche. Tali forme non rifiutano l’identificazione con l’ambiente-natura perché da esso traggo spunto, ma rimane solo ciò che con la mia sensibilità sono riuscito ad assorbire in modo tale da ritrasmetterle rigenerate.

Si ottiene un insieme di modulazioni, di progressioni delle forme e delle linee, frutto di osservazione e produzione di immagini. Tutto ciò mira ad una duplice integrazione linea-colore: la linea diventa colore e rimarca i soggetti, il colore si scinde nelle componenti ricoprendo le superfici. Un tentativo che porta aspetti della grafica in pittura cercando un avvicinamento che possa giovare a livello espressivo. Una ricostruzione che tende a rivalutare il messaggio visuale della forma.

Sono convinto che non si debbano ignorare quelle esperienze dove l’immagine è stata scomposta, inventata, trasportata, ricostruita, distrutta, poiché tracciano la direzione di una scelta. Più diventa chiara questa scelta più si analizza, si penetra tra opposti equilibri. L’importante è non negare le altre esperienze, ma essere coerenti sapendo che più si raggiunge una chiarezza interiore e formale, più la propria ricerca sarà rafforzata. Il modo di esprimersi andrà così evolvendosi in una continua indagine avvalendosi di tutte le componenti della percezione visiva.

Non è semplice ridurre a un discorso chiaro le proprie intenzioni, ma mi è parso utile spiegare la mia pittura.

Con il dovuto rispetto per chi lavora nel campo dell’arte, lascio giudizi, valutazioni e critiche a chi ne ha la competenza. A me non resta che promettere un impegno per uno studio che ricerchi sempre nuove espressioni.

Mariano Dal Forno

Dal catalogo della mostra personale (dal 23 febbraio al 9 marzo 1983): S. Maugeri, L’ipotesi narrativa di un sereno neonaturalismo nelle favole colorate di Mariano Dal Forno, presso la Galleria d’Arte Fra’ Giocondo, Amministrazione Provincia di Verona, 1983
Arzignano (Vi), 1983 

Non credo che a orientare la scelta linguistica del giovane pittore veronese Dal Forno sia stato il clima “revival” con cui, durante gli Anni Sessanta, soprattutto nel campo del disegno di manufatti, ci si riavvicinò alle suggestioni estetiche che, un ottantennio prima, avevano determinato la nascita e poi l’affermazione dell’Art Nouveau. Non è tuttavia improbabile che egli abbia avvertito un trasporto stimolante per quello che è avvenuto in Italia dalla seconda metà degli anni Sessanta a quelli di quest’ultimo decennio, quando il ritorno di cui sopra interessò forse più profondamente l’invenzione artistica – non va dimenticata allora l’affermazione di alcuni pittori, più o meno giovani, quali Giuseppe Bartolini, Daniel Bec, Fernando Bibollet, Paolo Gioli e Gianni Longinotti, tanto per restare in terra italiana – i quali oltre che al libero arabesco floreale dell’Art Nouveau, di essa coglievano l’inquieta liricità, le trame sottili tra naturalismo e astrazione e la poetica della memoria.

In effetti nella pittura di Mariano Dal Forno si avverte qualcosa che riporta a quel clima, accentuando quella che io definirei come un’ipotesi narrativa di un neonaturalismo che si esprime attraverso la rappresentazione di una sorta di fiaba serena. Una fiaba colorata che emerge dal lungo, insistito percorso di linee, nelle quali si identificano campi assolati o comunque imbevuti di luce, andamenti collinari, presenze arboree, arabeschi floreali, sagome di animali alati, profili di case, volti umani molto semplificati ed elementi di forme geometriche.

Va da sé che meglio si ricostruiscono le fasi di questa sua ipotesi narrativa allorquando ci si sofferma a compiere una ricognizione ravvicinata, analitica di queste forme; non tanto perché più netto possa apparire il riconoscimento dei singoli soggetti delle sue affollate visioni, quanto invece perché con maggiore evidenza si giunga a riscontrare la ragione della crescita pullulante delle linee e la stesura in scansioni del colore, piatto, freddo e pulito, dettato come è dall’effusione di una pronta sensibilità cromatica di fronte allo spettacolo del mondo (L’airone, 1982).

Non ci sono urti, trasalimenti, segnali, allarmi, contraddizioni in questa pittura di Mariano Dal Forno, pittura che non proviene certamente dalla favola proustiana della ricerca del perduto e cioè come esplosione di una dimensione evocativa; ma deriva da una illustrazione dell’esistente, dove la presenza emblematica delle apparenze oggettive diventa invito ad elaborare il reale, ad accoglierlo e a sentirlo come ritmo e come luce.

A ben osservare, la pittura di Mariano Dal Forno è tutta nel gioco della crescita, dello sviluppo e della proliferazione delle forme naturali, vegetali e animali, le quali non rifiutano l’identificazione con l’ambiente, né vi fanno violenza, neppure quando sembra che l’unità figurale si interrompa per l’aumentato spessore di una linea, ovvero per la sovrapposizione di più piani, oppure infine per effetto del loro improvviso cambio direzionale.

Non rifiutano l’identificazione con l’ambiente né vi fanno violenza, dicevo, anzi ne vengono accolte perché quel clima, apparentemente piatto e vagamente astratto, allude, anzi reclama una luce e un ambiente che appartengono alla fenomenologia del naturale.

Un altro carattere della pittura di Dal Forno è costituito dalla genesi del moto, che si sviluppa all’interno delle figurazioni, e della scansione del colore.

Le modulazioni e le progressioni delle linee e delle forme colorate non partono da un assoluto astratto, categoriale, ma prendono le mosse dall’osservazione e dalla riproduzione stessa di un movimento che si sviluppa ispirato direttamente da una cadenza implicita nell’elemento di natura osservato e riproposto come immagine.

Più che nella loro autonomia, l’originalità di queste immagini (vedi Presenze Autunnali, 1980) è da cercare nelle modalità impresse alle cadenze dalla linea che segna lo sviluppo e la progressione di altre modulazioni, alla quale fa riscontro la scansione cromatica, sensibile all’eleganza decorativa, intesa come riaffermazione di libertà e di una sempre nuova suggestione di fronte alle forme, alle cadenze e al cromatismo con cui continuano ad apparire le realtà di natura.

Salvatore Maugeri

Da: G.L. Verzellesi, Mostre a Verona: Dal Forno, in “L’Arena”, 7 marzo 1983.

Presentato da Salvatore Maugeri, Mariano Dal Forno espone alla “Galleria Fra’ Giocondo” (in Piazza Dante) le sue composizioni pittoriche, nelle quali il gusto della costruzione disegnativa rigorosa si accompagna ad una tavolozza raffinata, opaca, ricca di accordi e variazioni nelle gamme predilette del giallo e dell’azzurro.

Il gusto compositivo svela di continuo una scioltezza che è il frutto d’una mano educata dall’esercizio e da certe esperienze di cultura (Dal Forno ha compiuto gli studi di architettura) e di un’inventiva rivolta a imporre alle fluide movenze del Liberty una studiata scansione ritmica, che ora (vedi La Sopravvivenza…), insiste in sottili giochi di scomposizione e aggregazione ora (vedi l’opera L’Airone) da vita a vibranti figure a ventaglio d’una speciale nettezza emblematica.

Gian Luigi Verzellesi

Da: A.Mozzambani, Il Cartellone, in Il Mattino di Verona, A. Mozzambani, 26 febbraio 1983.

 

Un giovane concittadino, Mariano Dal Forno, espone alla Galleria dell’Amministrazione Provinciale, in quelle mostre premio che guardano innanzitutto, e in una giusta formula, al lavoro dei giovani a cui è difficile (o costoso) l’arrivo nelle gallerie private. Dal forno che è presentato in catalogo dal noto critico vicentino Salvatore Maugeri, offre pagine scandite e analitiche, raffinate fino all’essenza emotiva.

Il tessuto cromatico si regola fuori dagli acuti pericolosi, in un gioco specchiato di rimandi e di echi, ora della forma e ora dei pieni e dei fondi colorati. Una bravura grafica certa, dunque, e una presenza già professionale.

Alessandro Mozzambani

Opere artistiche

Le opere realizzate dal 1974 ad oggi

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Parlano di noi

Rassegna stampa, depliant e cataloghi che in questi anni hanno contribuito a diffondere le opere e le mostre di Mariano Dal Forno.